Stanza del Delitto
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Gentile visitatore,
il corridoio che hai percorso per giungere in questa stanza, probabilmente è lo stesso che ha percorso Laura Lanza di Trabìa, che, per sfuggire al padre, colta in atteggiamenti amorosi con Lodovico Vernagallo, corse velocemente tra queste mura per raggiungere la finestra che si affaccia in fondo alla stanza, sul borgo sottostante, gridando al popolo di correre in suo aiuto.
Da quando, sul finire del secolo sedicesimo, il poemetto "LA BARUNISSA DI CARINI", di ignoto autore, vide la luce, scrittori, critici, poeti, musicisti e registi si sono ispirati "all'amaro caso" per ricordare la fine di una delicata creatura che, nella sua giovane vita circondata da tanto amore fu poi stroncata così tragicamente.
Il poemetto parla di una donna uccisa dal padre per salvare l'onore della famiglia ma, per libera interpretazione, molti pensarono ad una donna uccisa dal marito. Studi più recenti hanno dato piena luce al fatto.
È importante una pubblicazione del professore Pagliaro, che accenna a tre documenti di protocollo, dai quali risulta che il Vicerè di Sicilia, all'epoca, informa la Corte di Spagna che il Barone Cesare Lanza aveva ucciso la figlia Laura ed Lodovico Vernagallo e che l'avvocato Grimaldi ne aveva occultato il fatto.
Questo documento costituisce un elemento sicuro che avvalora l'atto di morte della Baronessa, redatto il quattro dicembre millecinquecentosessantatrè che si conserva nell'archivio della Chiesa Madre di Carini.
Quindi, contro ogni interpretazione, si rileva che Don Cesare Lanza di Trabìa, connivente e complice con il genero, uccise per leso onore della famiglia, la figlia Laura, moglie di Vincenzo Secondo La Grua, ed anche se non di propria mano, lo stesso Lodovico Vernagallo, quest'ultimo, infatti, fu ucciso da uno sgherro di Vincenzo La Grua, tale Francesco Musso.
Troviamo infatti nel registro della Parrocchia, gli atti di morte della Baronessa e del suo amante, ucciso lo stesso giorno e scritti nella stessa pagina.
Il perché di questo orrendo delitto è inconcepibile, Laura era una donna di grandi virtù e di grande fascino, ed il popolo l'aveva come un angelo.
Fin dalla sua prima infanzia ebbe modo di frequentare sia i La Grua che i Vernagallo, con i cui figli frequentò scuole di musica, danza e canto. Sorse tra loro una grande amicizia alimentata da incontri, battute di caccia, ricevimenti ed altro. Ad un certo punto subentrò l'interesse delle famiglie.
Laura era una ragazza che poteva dar lustro sia ai La Grua - Talamanca che ai Vernagallo, ma i La Grua bruciano i tempi la chiedono in sposa per il figlio Vincenzo.
All'età di quattordici anni, il 21 dicembre 1543 viene celebrato il matrimonio.
Non era possibile farsi precedere dai Vernagallo, anche se era nota a tutti la grande tenerezza di Laura per Lodovico.
Tuttavia il fatto, almeno in apparenza, non turbò l'amicizia fra le famiglie. Infatti, nonostante tutto, Lodovico era considerato come uno di famiglia.
A poco a poco però, gelosie e vecchi rancori emersero fra i La Grua, i Lanza e i Vernagallo, ed ecco le insinuazioni, le calunnie ed infine il tragico evento.
Nessun documento esiste nell'archivio di famiglia o nella tradizione del popolo che possa offuscare la nobiltà della figura della Baronessa di Carini. La sua era stata un'amicizia che nulla aveva avuto di lussurioso o di cattivo, e quanto si dice degli otto figli di Laura che avrebbero avuto per padre Lodovico Vernagallo, è pura fantasia.
Purtroppo la fantasia di coloro che in seguito si sono ispirati all'evento, presentarono i fatti sotto molteplici aspetti.
Successivamente al delitto, Il Barone Vincenzo Secondo La Grua, il quattro maggio del 1565 convola a nuove nozze con Ninfa Ruiz e rinnova alcune parti del Castello che potevano ricordare la Baronessa di Carini. Intanto il Barone Cesare Lanza, forte delle sue influenze presso la corte di Spagna, riesce a far archiviare il caso, mentre il popolo terrorizzato è obbligato al silenzio.
Memoriale presentato da Cesare Lanza al Re di Spagna per discolparsi del delitto della figlia Laura.
Questo il testo della lettera inviata:
"Sacra Catholica Real Maestà,
don Cesare Lanza, conte di Mussomeli, fa intendere a Vostra Maestà come essendo andato al Castello di Carini a vìdere la Baronessa di Carini, sua figlia, come era suo costume, trovò il Barone di Carini suo genero molto alterato perché àvia trovato in mismo istante nella sua camera Lodovico Vernagallo, suo innamorato, con la detta baronessa, onde detto esponente mosso da iuxsto sdegno, in compagnia di detto barone andòrno e tròvorno li detti baronessa et suo amante nella ditta camera serrati insieme, et cussì subito in quello stanti foro ambodoy ammazzati.
Don Cesare Lanza conte di Mussomeli"
Questa triste storia, successa realmente, è pervenuta a noi grazie al vero studio fatto da Salvatore Marino il quale, nella prima edizione del 1871, raccolse la recita del contadino cantastorie carinese, Giuseppe Gargagliano. Ma nel 1872 lo stesso Marino presentava una seconda edizione ritoccando fatti poeticamente importanti, rispetto alla prima versione. Nel 1913, infine, presentava il poemetto in una edizione che lui stesso chiama storica.
Ti invito adesso a posare il tuo sguardo sul portale marmoreo della porta che immette nel vano scale che conduce al campanile. Si legge incisa la frase in latino: Recedànt Vètera che tradotto significa: Sia cancellato il passato, probabilmente collocata quando l'edificio, sotto la direzione dell'architetto netino Matteo Carnalivari, cambiò la sua destinazione d'uso trasformandosi da caserma a dimora signorile nellaseconda metà del Quattrocento.
Se volete provare il piacere del brivido di un incontro ravvicinato con un fantasma, dovreste visitare la stanza della baronessa il 4 dicembre, ricorrenza della morte della Baronessa.
Possibilmente di sera!
Pare che proprio in quel giorno, anniversario del delitto, compaia sul muro la famosa impronta della mano insanguinata.
In realtà la “macchia” è visibile sempre e per i meno superstiziosi non è altro che una chiazza di umidità su un muro antico fatto di pietra e terra.
Eppure c’è chi giura che il 4 dicembre di ogni anno quella macchia assuma la forma di una mano e diventi rossastra.
Solo per poche ore… prima di tornare ad assorbirsi nel muro e nella memoria.
Sarà vero?
Sta a voi decidere e … provare. Certamente le anime infelici di due innamorati popolano ancora queste stanze, per lo meno nella commozione che la storia suscita.
Il nostro viaggio, sulla triste storia della Baronessa di Carini, Laura Lanza di Trabìa, finisce qui, osservando questa mano scolpita e pensando alla vicenda che accadde in questo castello.
Ti invito adesso a proseguire la tua visita, percorrere la scala che porta verso l’atrio, e dirigerti verso la scalinata quattrocentesca.