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CONVENTO E CHIOSTRO DEL CARMINE

L'edificio del Convento e la Chiesa ad esso attigua, sono dedicati a Maria Santissima del Carmine. La sua edificazione ha avuto inizio nella seconda metà del sedicesimo secolo. La decisione di aprire una Casa in Carini fu presa dal capitolo provinciale carmelitano nel mille cinquecento sessantacinque, come parte della loro espansione in Sicilia. Nel mille cinquecento settantuno, con il supporto di Casa La Grua, e del Barone Vincenzo II La Grua Talamanca si iniziò la costruzione del convento, grazie alla donazione da parte del Barone del terreno e di un tenimento di case, la cui area era destinata alla costruzione del Convento e della Chiesa.  Il frate Antonio del Bosco, cugino di Vincenzo II e vicario del convento, nonché fratello del pretore di Palermo, fu tra i principali promotori del progetto.

 

Entro il mille cinquecento settanta due, sotto la sua direzione il convento cominciò a prendere forma lungo l'asse viario di via Rosolino Pilo. La Casa La Grua fu generosa nel suo supporto, dotando il convento di ricche rendite che nel XVIII secolo ammontavano a duecento novantacinque  onze, una somma superiore a quella di altri conventi nella regione.

 

I Carmelitani si insediarono nel convento e vi rimasero attivi per diversi secoli, svolgendo funzioni pastorali, educative e sociali. I Carmelitani, ogni mattina distribuivano elemosine ai poveri, ed erano particolarmente generosi il mercoledì mattina. I padri che vivevano dentro il convento erano circa 10. La forma principale di devozione da loro promossa eral’imposizione dello Scapolare, che veniva praticata particolarmene sui moribondi. Lo Scapolare detto anche abitino era un quadrato di stoffa riportante l’effige della Madonna del Carmelo che veniva indossato appendendolo al collo con dei legacci. Secondo una antica tradizione, l’Abitino, conferiva il privilegio di essere liberati dalle pene del Purgatorio il sabato successivo alla morte, purchè in vita si fossero rispettate le regole della professione carmelitana.

 

La chiesa e il convento, divennero centro di intensa attività di culto, tanto da aver accordato il privilegio della Festa della Madonna del Carmine, ricadente il 16 di luglio, da parte del Barone Vincenzo II La Grua, che in data 12 luglio 1575 emana tale privilegio alla Corte dei Giurati di Carini.

 

La chiesa annessa al convento fu completata nella prima metà del 1600. Nel corso dei secoli, la chiesa così come il convento si sono arricchiti di opere d'arte e oggetti sacri di grande valore, tra cui paramenti finissimi ricamati in oro zecchino e vasi sacri pregevolissimi. Si deve soprattutto al Vescovo di Cefalù, Matteo Orlando, originario di Carini la donazione di moltissimi oggetti e della Fontana Monumentale in stile Barocco risalente al 1694, come si evince dalla data incisa sulla fontana posta al Centro del Convento.

 

Il Vescovo Matteo Orlando, nato a Carini nel 1610, aveva origini umili. Si narra che un giorno bighellonando attorno al Castello fu tentato irresistibilmente dalle Melarance presenti nel giardino. Dopo aver scalato il muro di Cinta del Castello ed essersi arrampicato sull’albero, venne scoperto durante il furto, dal servo del barone, che attenzionato dal latrato del cane lo riconobbe.

Fuggendo dal Castello, trovò asilo presso il Convento dei Carmelitani di Carini. I frati carmelitani, non vollero consegnarlo al Barone per sottoporlo alla suo giudizio, garantendogli così l’immunità prevista dal diritto di asilo che era concessa nei luoghi di proprietà della chiesa.

Fu durante la sua permanenza dentro il convento che Matteo Orlando maturò la propria fede e vocazione sacerdotale. Il 20 ottobre del 1628 dopo l’anno del noviziato, fece la sua solenne professione. Non dimendicando quindi negli anni, il gesto ricevuto dai suoi confratelli, ormai vescovo, decise di donare e fare collocare la fontana al centro dell'atrio con l’apposizione degli stemmi vescovili marmorei ai quattro lati del porticato, posti sotto i balconicini.

 

Nel 1860, il convento divenne un fulcro di attività rivoluzionaria, ospitando i comitati che preparavano l'insurrezione contro i Borbone.

 

Nella stuttura, il Chiostro del convento è uno degli elementi più suggestivi del complesso monastico. Ha forma quadrangolare e presenta un portico con arcate a tutto sesto sorrette da colonne in pietra, tipiche dell'architettura rinascimentale siciliana. Il chiostro è il cuore della vita monastica, dove i frati si ritiravano per la preghiera e la meditazione. Gli ambienti monastici si sviluppano su quattro lati all’interno dei quali si trovano le camere del dormitorio, il refettorio e un loggiato a tre arcate che si affaccia sul chiostro. Il complesso conventuale fu eretto su un giardino nominato di “Gatto” mentre resta affincato alla struttura il giardino chiamato di Giandomenico Giannello, accessibile dalla porta situata in fondo a sinistra guardando la parete su cui insiste il loggiato.

La scalinata che conduce al piano superiore è in stile rinascimentale. Nella sua semplicità il padiglione che ospita le due rampe di scale, sottolinea comunque la maestosità dell’edifico. E’ una bellissima scala prospettica che immette nel corridoio della pinacoteca.

Questo tipo di struttura è tipico dell'architettura rinascimentale e barocca, spesso presente nei conventi o edifici religiosi dell'epoca. Le volte a crociera sono caratterizzate dall'incrocio di due archi a tutto sesto che formano una sorta di rete geometrica al soffitto, conferendo un senso di leggerezza e ordine.

Nel caso specifico del convento dei carmelitani edificato nel 1575, le caratteristiche architettoniche visibili, come le nervature che decorano il soffitto e i dettagli delle arcate, richiamano la tradizione monastica del tempo, in cui l'austerità e la funzionalità si univano all'eleganza strutturale. L'uso della luce naturale che penetra attraverso le finestre e le aperture, insieme alle forme geometriche ordinate, rende questo spazio solenne e contemplativo.

Il portone in ferro battuto ad arco che immette nel corridoio della Pinacoteca è tipico degli edifici ecclesiastici di quell'epoca, spesso utilizzato sia come barriera che come elemento decorativo.

Altro elemento decorativo è la balaustra in pietra con colonne tornite tipiche dell'architettura conventuale del XVI secolo.

 

Il corridoio presenta soffitti a volta, alti e imponenti, che si aprono sopra di te come se abbracciassero l'intero spazio. Il pavimento è in piastrelle di terracotta, il tipico pavimento che si usava nei vecchi edifici, che dona calore e rende l'ambiente accogliente, malgrado la sua semplicità.

 

Proseguendo con lo sguardo affisso alla parete alla tua sinistra, è posto il quadro raffigurante Santa Dorotea, ancora dopo il quadro che raffigura Sant’Anna con in braccio la vergine Maria, subito dopo la porta che immette nel refettorio del Convento, oggi destinata a sala lettura della biblioteca. Di fronte la porta del refettorio, si apre la porta che immette nella grande Loggia che si affaccia sul chiostro del Convento. Proseguendo con lo sguardo, subito dopo la porta del refettorio, è posizionato il quadro raffigurante Maria Scavo, genitrice di Padre Francesco Scavo, fondatore della Biblioteca di Carini. Subito dopo, una immagine riproduce Antonio Gallo e Scavo, fratello di Padre Scavo, e ancora dopo il quadro con l’immagine di Giovanna Gallo e Scavo, sorella del fondatore della biblioteca.

In fondo alla parete, sopra il pianoforte, il quadro del ritratto di Padre Francesco Scavo, arciprete della Chiesa Madre di Carini che con testamento redatto il 27 luglio 1775 dona tutti i suoi libri che si trovano nella sua libreria, così come riportato nel testamento, a beneficio del pubblico e specialmente degli ecclesiastici. E’ quindi Padre Scavo che con il suo lascito e con il dettagliato testamento fonda la biblioteca pubblica di Carini, raccomandando nelle sue volontà che fosse il principe di Carini a proteggere e sostenere la biblioteca.

 

Subito accanto sulla parete a destra il quadro con il ritratto di Padre Pasquale Pecoraro, benefattore della biblioteca.

 

Le stanze e i corridoi del Convento dei Carmelitani, durante i moti del Risorgimento, a metà del XIX secolo, con l'Unità d'Italia e la conseguente soppressione degli ordini religiosi, comportò la dispersione dei frati e la destinazione del convento a usi civili.

Tra le stanze dell’ormai ex convento numerosi cospiratori e rivoluzionari, si incontrano per organizzare l’insurrezione contro il regime borbonico, capitanati da Antonino Curreri, che istituisce un comitato che in collaborazione con il comitato palermitano recluta numerosi aderenti in Carini. Sarà proprio da Carini che muoverà la rivolta alla volta di Palermo il 3 aprile del 1860 dove la folla gridò: viva La Libertà e Viva l’Italia. Da Carini quindi partì la scintilla della rivoluzione Italiana, vedendo muovere verso più di 400 uomini con a capo il Sacerdote Salvatore Calderone e il sacerdote Cesare Messeri. I mesi seguenti vedranno il convento dei Carmelitani come fulcro delle operazioni di organizzazione delle bande armate che sfocerà con l’arrivo di Garibaldi nel 1862.

 

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